
Due specie vegetali estremofile, Sanionia uncinata e Colobanthus quitensis, hanno dimostrato di possedere le caratteristiche necessarie per la sopravvivenza su superfici lunari. Queste piante, tipiche dell’Antartide, sono state oggetto di un’importante ricerca condotta da astrobiologi nei laboratori della stazione antartica Comandante Ferraz, situata sull’isola di San Giorgio, per esplorare la loro resistenza a condizioni climatiche estreme.

L’interesse verso queste specie vegetali nasce dalla loro capacità di adattamento all’inospitale ambiente lunare. Mentre entrambe le piante si comportano bene sulla regolite lunare, per la superficie marziana non mostrano invece segni di vita. Questo esperimento offre spunti interessanti per il futuro dell’esplorazione spaziale e della possibile colonizzazione del nostro satellite naturale.

Sanionia uncinata è un muschio non vascolare, mentre Colobanthus quitensis è uno dei rari fiori antartici, presente solo in due varietà autoctone. Queste piante hanno dimostrato una sorprendente resilienza e, anche quando cresciute sulla polvere lunare, non perdono la loro capacità di fotosintesi.
L’esperimento ha coinvolto la selezione di sessanta campioni per ogni specie, coltivati sia in laboratorio che nel loro habitat naturale, ai margini del ghiacciaio Wanda. Dopo un periodo di due settimane, i risultati hanno evidenziato che mentre le piante su suolo marziano non hanno mostrato segni di vita, quelle cresciute sulla regolite lunare hanno proliferato in modo simile a quanto avviene nella natura.

Secondo il coordinatore dello studio, Cesar Amaral della Rio de Janeiro State University, queste piante rappresentano potenziali candidati per la colonizzazione extraterrestre. Non solo potrebbero arricchire il suolo di azoto, ma potrebbero anche facilitare la coltivazione di varietà agricole utili per l’alimentazione umana.
Le piante come Sanionia uncinata e Colobanthus quitensis fungono da piccoli ecosistemi, contribuendo a migliorare la qualità dell’ambiente circostante attraverso il supporto a batteri, funghi e insetti. Questi organismi, a loro volta, assicurano importanti servizi ecologici necessari per stabilizzare e arricchire il suolo extraterrestre.

È interessante notare che queste due piante rappresentano un progresso significativo rispetto ad altri tentativi condotti in passato, come nel caso di Grimmia pulvionata e Poa pratensis, che erano già state studiate in contesti extraterrestri. Le ricerche suggeriscono che le specie originarie di climi freddi e aridi tendono a essere più adatte alla coltivazione in ambienti alieni rispetto a quelle tropicali.
Nel 2014, studi condotti dall’Università di Wageningen avevano già ipotizzato che il suolo di Marte potesse rivelarsi fertile, permettendo la coltivazione di piante come pomodori e carote, oltre a specie selvatiche come l’arnica e la vicia. Inoltre, l’astronauta statunitense Scott Kelly ha dimostrato nel 2015 che è fattibile coltivare fiori a bordo della stazione spaziale internazionale.

Il campo della ricerca sulla coltivazione di piante nello spazio è in continua espansione. Nel 2020, è stato lanciato in orbita un micro-orto, in grado di ospitare piantine di verdura, sottolineando l’interesse crescente verso la biologia spaziale. Studiare come le piante interagiscono con il suolo in ambienti extraterrestri rappresenta una delle sfide più affascinanti per il futuro dell’umanità.
In conclusione, l’Antartide potrebbe fornire un modello prezioso per la nostra comprensione della vita su altri pianeti. Grazie alle sue condizioni estreme, i deserti antartici offrono un laboratorio naturale per l’astrobiologia, avvicinandoci sempre di più alla possibilità di colonizzare corpi celesti come la Luna e Marte.